Ferrarese, da sempre amante della letteratura, Federica Caracciolo fa ora parte della grande famiglia di Triskell Edizioni ed è felice di presentare il suo primo romanzo: Bruised.
Ciao Federica, raccontaci un po’ di te: com’è nata la tua passione per i libri?
Avevo circa tre o quattro anni. Imparavo a memoria le fiabe sonore. Ricordo che c’era un segnale ad un certo punto, una sorta di campanello, che indicava la fine della pagina e il momento di voltarla. Io recitavo e, poiché ricordavo il punto esatto in cui la campanella avrebbe suonato, voltavo pagina nel momento giusto. Mi piaceva lasciar credere agli adulti che già fossi in grado di leggere, ma il mio era soltanto un gioco, una recita. Mi divertivo a fingere di farlo. Quando finalmente imparai a distinguere le lettere, e a capire che formavano parole e che si incatenavano in frasi e in storie, ebbi la netta sensazione di essere finalmente in possesso di un grande potere: un incantesimo.
Il primo libro che ricevetti in dono, all’età di otto anni, lo lessi e lo rilessi mille volte. Ancora oggi è uno degli oggetti più preziosi che possiedo.
Il gioco più bello è sempre stato inventare storie. Non ho ricordi di altri giochi.
Come riesci a combinare lavoro, figlio e scrittura e quali sono le tue principali fonti di ispirazione?
Non è molto facile, a dire il vero. Da qualche tempo faccio anche attivismo per Arcigay nella mia città. Sono membro del Direttivo, ed è un bell’impegno, però è un’esperienza importante a cui tengo molto, quindi sto tentando di conciliare tutto.
Ho sempre scritto di notte e nei ritagli di tempo. Di solito le storie si sviluppano dentro la mia testa, mentre guido, in coda alle poste, al supermercato. Prima di tutto nascono i personaggi, da una suggestione. Un viso, un gesto rubato, una canzone. A volte anche solo un nome o un tratto caratteriale che mi stuzzica. Poi, li inserisco in un contesto e vedo cosa fanno, come si muovono. È molto stimolante vederli crescere, maturare, assumere atteggiamenti e caratteristiche che li distinguono. Vederli vivere. Scribacchio scene o dialoghi su quello che ho a disposizione: scontrini, biglietti del treno, tovagliolini di carta. O sul mio taccuino disordinatissimo, se ricordo di portarlo con me. Quando sono alle prese con una trama che mi intriga mi assento, e non è molto piacevole per le persone che mi frequentano. “Ho capito, stai scrivendo,” mi dicono, quando improvvisamente cado dalle nuvole con espressione smarrita. E rinunciano a coinvolgermi nelle conversazioni.
Veniamo a “Bruised”, il tuo primo romanzo. Com’è nata l’idea di questo racconto?
“Bruised” nasce da Lele. Dalla prima scena, dal suo carattere spinoso e dal suo odio nei confronti del mondo intero. Ho scritto le prime due pagine e poi mi sono chiesta per quale ragione avrebbe dovuto essere tanto arrabbiato. La sua storia è il risultato del tentativo di spiegare perché gli adolescenti di oggi sono così. Sfuggenti, annoiati. Non mettono passione in nulla, si lasciano vivere. Ma alla fine, quando scoprono quello che conta davvero, si trasformano nelle creature bellissime che erano destinate ad essere. Basta poco. Un’amicizia, un viaggio importante. La persona giusta che attraversa la loro vita. E vale la pena esserci, quando accade.
Poi arriva Morgan, un personaggio che doveva essere soltanto un espediente narrativo e che alla fine ha preso il sopravvento, vivendo di vita propria. Mi ha letteralmente travolta, stregata. Non mi era mai accaduto con nessun altro personaggio, prima d’ora. I lettori lo amano molto, a volte anche più di quanto amino i protagonisti. In tanti mi hanno chiesto se esiste uno spin-off. Sì, esiste. Solo nella mia testa e nel mio Dropbox, per ora, ma qualcosa c’è.
Tocchi un tema delicato: quello della passione omosessuale. Cosa ne pensi di questo argomento ampiamente dibattuto?
Il mio romanzo non tratta solamente dell’amore omosessuale. Qualcuno l’ha definito un manifesto LGBTQ. È’ una definizione altisonante, forse un po’ troppo, ma mi lusinga moltissimo. Questo era il mio obiettivo. La storia d’amore non è che un pretesto, quello che a me interessa è sensibilizzare chi non conosce il tema, esplorare la diversità. “Bruised” ha lo scopo ambizioso di attivare quei meccanismi inconsci che ci permettono di comprendere l’Altro, di entrare nella sua pelle, di vedere il mondo attraverso i suoi occhi. Si chiama empatia. È quello che io chiamo “il potere delle storie”.
Quando andiamo al cinema, quando leggiamo un romanzo, dentro di noi scatta qualcosa. Riusciamo a identificarci nei personaggi e a provare quello che provano loro. Gioia, dolore, paura. Entriamo dentro di loro e capiamo quanto è difficile, a volte, essere noi stessi. L’empatia ci insegna che il mondo è complesso, ma che in fondo ciò che ci unisce è molto più di ciò che ci divide.
“Bruised” mi ha permesso di entrare nel mondo dell’associazionismo, di conoscere persone che hanno letto la mia storia e si sono identificate nei miei personaggi, che hanno sofferto con loro, che hanno gioito con loro. Persone che mi hanno chiesto come ha fatto una donna adulta eterosessuale a raccontare di tematiche di cui non può sapere nulla, se non le ha vissute in prima persona. Semplice, siamo tutti umani. A volte basta mettersi nei panni dell’altro per capire che la diversità non esiste. Se posso farlo io, se posso vedere e sentire come un ragazzo omosessuale, come una persona gender fluid, allora possono farlo anche gli altri, attraverso la mia storia.
Come sei entrata a far parte della famiglia di Triskell e cosa ti piace dell’editoria digitale?
Triskell per me è stato un sogno che si è avverato. Li seguivo da un po’ e poi c’era questa passione condivisa per l’Irlanda. “Bruised” è nato in Irlanda e parla di Irlanda. Mi sono detta, perché no? Proviamoci! Ho creduto al Destino.
L’editoria digitale ha il potere di una grande visibilità, perché viaggia molto sui social. Purtroppo io non sono molto tecnologica, ma credo che abbia un grandissimo potenziale. Devo solo imparare a sfruttarlo meglio, che sarà mai?
C’è qualche tuo prossimo progetto in arrivo, di cui vuoi parlarci?
C’è un romanzo già finito che è un po’ il seme di “Bruised”, a cui sono molto legata. Non credo sia ancora pronto per spiccare il volo, ma a breve, chissà.
E poi c’è un’altra storia, che sta prendendo forma nella mia testa. I personaggi di “Bruised” torneranno a fare da contorno a una storia nuova, che tratta sempre le stesse tematiche. Sicuramente, si saprà qualcosa di più di Morgan, che non sono ancora pronta a lasciare. Di seguito, vi lascio un breve estratto:
“-Luca,- mormora, incerto. La schiena di Morgan si irrigidisce, ma lui non si muove, resta fermo dov’è, non si volta a guardarlo.
–Mi dispiace, per tutto quello che ti ho detto, per quello che ti ho fatto. Sono pentito, te lo giuro. Non riuscivo a capire. Poi, ho conosciuto Iolanda. Lei mi ha trovato, mi ha aperto gli occhi.-
-Morgan- sibila, voltandosi molto lentamente, gli occhi nerissimi e le labbra serrate in una linea sottile.
–Mi chiamo Morgan. Luca non esiste. Non è mai esistito.-
Suo padre annuisce, in silenzio, mentre un piccolo sorriso spunta sulle sue labbra livide.
-Somigli a tua madre.-”
Grazie mille per l’attenzione!
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