Da lettrice a scrittrice il passo è breve, quando la passione è compulsiva, vorace e ti fa battere il cuore ogni volta che apri la pagina di un libro.
Raccontaci un po’, Aurora: come hai sentito questa “chiamata”, come ti sei resa conto che leggere non ti bastava più e che desideravi diventare una scrittrice?
Non credo che esista un momento preciso per diventare una scrittrice, in qualche modo l’impulso a creare storie mi ha accompagnato sin dall’infanzia. Sono sempre stata una lettrice vorace, mio padre quando andavo all’asilo mi leggeva Lo Hobbit e il Signore degli Anelli e ricordo perfettamente di aver imparato a leggere quasi da sola prima di iniziare le elementari, spinta dal desiderio di conoscere di più, di scoprire nuove storie. A quell’età alla lettura si univa il raccontarmi storie mentre giocavo, i miei amici immaginari vivevano esistenze avventurose di cui ogni membro della famiglia era informato; durante l’adolescenza ho provato qualche volta a scrivere dei racconti, brevi esperimenti ispirati ai romanzi che amavo di più, storie di mondi fantastici e creature magiche. È stato solo al liceo che sono riuscita a scrivere qualcosa che avesse un inizio e una fine, un racconto fantascientifico che scrissi con la vecchia macchina da scrivere dei miei genitori, una Olivetti “Lettera 32” con i tasti delle lettere talmente duri da pigiare che alla fine mi facevano male le dita. In seguito per qualche anno la scuola mi ha impegnato troppo per dedicarmi davvero alla scrittura, salvo qualche progetto di sceneggiatura per un corso durante l’università, ma il desiderio di realizzare qualcosa di mio non mi ha mai abbandonato, finché alcuni fattori hanno complottato e mi sono ritrovata a scrivere quello che poi è diventato il mio primo romanzo, Bacio Immortale.
L’amore per i libri occupa gran parte della tua giornata. Come riesci a coniugare lavoro, passione e famiglia? Sì perché sappiamo che sei mamma…
Prima di tutto sono una mamma, perché la maggior parte del mio tempo è dedicata ai miei bambini e alla famiglia in generale, anche se nei momenti più concitati della stesura di un romanzo, quando sono alle battute finali e ogni cosa si ingarbuglia nella mia testa, tutti sono consapevoli che sarò più sbadata e assente. Per fortuna il mio più grande sostenitore è mio marito, senza il cui appoggio e incoraggiamento non avrei mai neppure provato a proporre a un editore i miei scritti.
Dopo la famiglia viene il lavoro, che al momento si divide tra la revisione delle traduzioni per Triskell Edizioni e la scrittura. Cerco di bilanciare le due cose senza esaurirmi e questo contribuisce a rendermi un’autrice non molto produttiva: finora non sono mai riuscita a scrivere più di un libro all’anno, ma spero di riuscire a migliorare e la sfida con me stessa in questo momento è riuscire a non far passare molti mesi tra un progetto e l’altro.
La tua prima trilogia fantasy composta da Bacio Immortale, La Danza degli Dei e Le Fiamme dell’Olimpo ha avuto un ottimo riscontro: puoi raccontarci qualche simpatico aneddoto legato alla sua stesura?
Bacio Immortale è stato il mio primo tentativo di scrittura che posso definire serio, è un libro nato quasi per gioco quando mia figlia era piccola e soffriva di insonnia. Trascorrevo notte dopo notte costringendomi a rimanere sveglia insieme a lei e, per restare vigile, nella testa avevo iniziato a raccontarmi una storia, che cresceva sempre di più. Aggiungevo dettagli, immaginavo nuovi personaggi e il modo di legare il mito greco, che amo sin dai tempi del liceo, alla vicenda di questa ragazza depressa che guardava il mondo scorrerle davanti attraverso le finestre della sua camera. È stato mio marito a spingermi a scriverla e così è nato il libro, che poi è rimasto nel mio cassetto quasi due anni prima di trovare un editore disposto a pubblicarlo. Proprio per questa nascita casuale, chi mi conosce è in grado di ritrovare nel testo alcuni aneddoti legati al luogo in cui abito, relativi ai bizzarri vicini di casa di Penelope. Per esempio la donna che trascorre tutto il tempo a pulire il cortile, armata di scopa e paletta: vi garantisco che, se veniste a trovarmi, potreste vederla con i vostri occhi, mentre borbotta da sola e combatte la sua incessante battaglia contro tutto lo sporco del mondo.
Nel tuo libro “Macana – Le luci dell’Eos #2” parli di amore e di vampiri, di emozioni e di rischi. Quanto l’amore per te è emozione? E quanto è rischio?
L’amore è un sentimento dalle molteplici sfaccettature, che cambiano in base a chi lo prova e soprattutto nei confronti di quale altra persona lo prova. In Macana alle normali difficoltà che possono presentarsi a una coppia si unisce l’appartenenza di uno dei due, il vampiro Javier, a un mondo celato agli umani, popolato da non-morti e animali mannari. La componente di rischio per Connell e Javier diventa elevata perché non si tratta soltanto di mettere in gioco il proprio cuore ma anche di affrontare nemici intenzionati a ucciderli. Per Connell, in particolare, all’inizio è difficile conciliare l’attrazione che prova nei confronti del vampiro con la consapevolezza di rappresentare anche una fonte di nutrimento per lui, soprattutto perché durante i loro primi due incontri Javier lo ha morso di nascosto. D’altra parte Javier è un vampiro da cinquecento anni e la fine della sua esistenza umana è stata tragica, un dolore talmente forte da spingerlo a sigillare il proprio cuore, negandosi persino la più remota possibilità di amare ancora una volta. Queste due dinamiche rendono il loro percorso molto accidentato, poiché entrambi faticano ad accettare di provare qualcosa e si tengono a distanza, sebbene le circostanze li costringano a interagire.
Per quanto mi riguarda, e credo emerga dalle storie che scrivo, la componente emotiva dell’amore è centrale, qualcosa di intrecciato strettamente alla natura del sentimento e al suo modo di essere espresso dagli individui. Ogni gesto trasmette un’emozione, nel caso di due amanti, dalla carezza data quasi sovrappensiero al bacio più passionale, e il rischio sta nell’osare esporsi, offrendo il proprio cuore nella speranza di essere corrisposti.
Cosa rappresenta per te l’editoria digitale? Quali sono i suoi aspetti che più apprezzi rispetto all’editoria classica?
L’editoria digitale per me ha rappresentato la possibilità di tornare a scrivere, dopo aver pubblicato la trilogia di Bacio Immortale con un editore che puntava in primo luogo sul formato cartaceo e solo in un secondo momento sugli ebook, per adeguarsi all’espandersi delle possibilità di pubblicazione. L’esperienza con quella trilogia è stata duplice, un successo per quanto riguarda il pubblico e una grande delusione per tutto il resto, al punto che avevo deciso di rinunciare alla scrittura, che mi portava solamente frustrazione. L’incontro con la Triskell e Barbara Cinelli mi ha donato la speranza di poter lavorare con un editore che non mi vedesse solo come qualcuno da sfruttare, restituendomi la gioia di creare. Inoltre mi interessava molto la possibilità di esplorare tematiche e personaggi legati al mondo lgbt, che mi hanno affascinato sin da quando da ragazzina ho scoperto i romanzi storici di Mary Renault e i vampiri di Anne Rice.
Apprezzo molto il fatto che il mercato digitale dia spazio a quei generi che l’editoria classica tende a considerare poco, almeno qui in Italia. Esaurita l’onda dell’entusiasmo legato a Twilight, per esempio, noi lettori di fantasy siamo tornati a sentirci dire che siamo troppo pochi per meritare delle pubblicazioni regolari, poco importa se le saghe che abbiamo acquistato con pazienza per anni non sono concluse. Grazie agli editori digitali il fantasy e la fantascienza continuano a trovare spazio, in un mercato che li ignora o quasi, così come un genere particolare come il romance m/m, che dubito arriverà mai nelle librerie italiane.
E cosa ci dici dell’editoria tradizionale, dell’acquisto di libri direttamente dagli scaffali? Riusciresti a farne a meno?
L’editoria tradizionale in Italia è restia al cambiamento, secondo me, è legata a una sorta di monopolio nella distribuzione che penalizza i piccoli editori e alla moda del momento quando si tratta di tematiche, almeno per chi come me predilige la letteratura di genere. Se si entra in una libreria, al momento sembra esistano soltanto i romanzi erotici, oltre a quelli sugli scaffali resistono i gialli e i thriller, grazie a una consolidata tradizione di ottimi autori italiani e al gran numero di lettori che li reclamano, ma c’è spazio per poco altro. Il problema è che esistono lettori che vorrebbero altro e si vedono costretti ad adeguarsi oppure a trovare altre strade: possono rivolgersi ai piccoli editori che non riescono a entrare in libreria, possono puntare sul mercato digitale oppure armarsi di pazienza e imparare a leggere in lingua originale. Io sono un’appassionata di fantasy e non mi importa che la moda imponga erotici o dark romance, voglio leggere quello che amo. Quindi è da qualche anno ormai che ho smesso quasi del tutto di entrare in libreria per me stessa, ripiegando sugli ebook, sia in italiano che in inglese e acquistando cartacei esclusivamente per i miei figli, perché almeno per quanto riguarda la letteratura dell’infanzia la scelta sugli scaffali continua a essere varia e abbondante.
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