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[Anteprimagratis] Parallel – Elle O’Roark

 Il libro perfetto per chi ama le storie d’amore e gli scherzi del destino! Buona lettura!

 

Prologo

Da bambina avevo spesso un incubo ricorrente. Non l’ho mai dimenticato, ricordo ogni singolo dettaglio. Se i miei genitori però non avessero conservato il referto dello psicologo, probabilmente supporrei che gli anni abbiano aggiunto e sottratto alcune sfumature. Ma non è accaduto. È tutto scritto, identico a com’è nella mia testa.

Quinn, anni quattro, è stata portata nello studio a causa di incubi ricorrenti. I genitori riferiscono che la paziente si sveglia più volte a settimana chiamando suo “marito” (“Nick”) e dichiarando che qualcuno li aveva separati. La paziente insiste che “non dovrebbe essere qui” per ore e a volte giorni, in seguito alle sedute. Non si riscontrano altri segni di psicosi.

Da principio quegli incubi, nella loro strana specificità, avevano fatto preoccupare mia madre. Con il passare del tempo però ha iniziato ad avere paura di me, e ciò mi ha insegnato una lezione di cui avrei fatto tesoro nel corso degli anni a venire: le cose che sapevo, che per me erano reali, erano un segreto che dovevo tenere per me.

 

Capitolo 1

Quinn

2018

 

Déjà vu.

Significa “già visto”, ma in realtà il vero significato è l’esatto opposto: non hai ancora visto quel qualcosa, ma ti sembra di ricordarlo. Una volta ho chiesto a Jeff se pensasse che in Francia lo chiamino in effetti déjà vu o se abbiano un termine migliore e più accurato. Lui ha riso e ha risposto: «A volte pensi a cose davvero strane.»

Questo è più vero di quanto creda.

«Tutto bene?» mi chiede ora, seguendo mia madre e la sua nel locale dove ci sposeremo tra solo sette settimane. Ho avuto la testa tra le nuvole da quando siamo arrivati in città, e immagino si noti.

«Sì, scusa. Ho un po’ di emicrania.» Non è del tutto vero, ma non so come spiegar loro questa cosa che ho in testa, questo fastidioso mormorio. Mi fa sentire come se non fossi del tutto qui.

Entriamo nell’atrio e mia madre stende il braccio come la presentatrice di un gioco a premi. «Non è delizioso?» chiede, senza aspettarsi una risposta. «Lo so che è a un’ora da D.C., ma siamo in ritardo con i preparativi ed è il massimo che si riesca a trovare.» In realtà l’atrio mi ricorda la versione elegante di una casa di riposo, con pareti azzurro chiaro, tappeti dello stesso colore e sedie Chippendale, ma la cerimonia e il ricevimento si terranno nel parco. Come mia madre ha fatto presente, non possiamo più permetterci di essere schizzinosi.

La madre di Jeff, Abby, si accosta e mi accarezza la testa come se fossi un cavallo di razza. «Sei molto calma riguardo a tutto questo. Qualsiasi altra sposa sarebbe in preda al panico.»

Lo dice come se fosse un complimento, ma non ne sono sicura. Perdere la location che avevamo prenotato, due mesi prima del matrimonio, avrebbe dovuto gettarmi nel panico, ma cerco di non attaccarmi troppo alle cose. Curarsi troppo di qualcosa fa impazzire anche la più razionale delle persone. Provate a chiederlo alla ragazza che ha dato fuoco alla villa in cui il suo ex stava per sposarsi… ah, per la cronaca, quella avrebbe dovuto essere la location del nostro matrimonio.

Mia madre batte le mani. «Be’, il nostro appuntamento con il coordinatore eventi dell’hotel è tra un’ora. Che ne dite di andare a pranzo mentre aspettiamo?»

Jeff e io ci scambiamo una rapida occhiata. A questo punto ci leggiamo praticamente nel pensiero. «Dobbiamo davvero tornare a Washington prima dell’ora di punta.» Le mie parole escono lente come mi sembra? È come se stessi agendo al rallentatore, due passi indietro rispetto a tutto. «Forse potresti iniziare a farci vedere tu il posto?»

Il sorriso di mia madre si spegne in qualcosa di meno genuino. Vorrebbe che fossi estatica e saltellante, ma la mia incapacità di soddisfare quel suo desiderio la delude molto.

Lei e Abby fanno strada verso il porticato da cui siamo entrati. «Ne abbiamo già discusso un po’,» mi dice Abby da sopra la spalla. «Pensavamo che potresti scendere dalla scalinata e uscire sotto il portico dove tuo pa… tuo zio, voglio dire, ti starà aspettando.» Fa una lunga pausa e arrossisce per la svista. Ormai non dovrebbe più turbarmi tanto, mio padre se n’è andato otto anni fa, ma il mio cuore si stringe ugualmente. Quella scintilla di tristezza non mi lascia mai. «E poi faremo la parata verso la tenda.»

Usciamo tutti insieme. È una giornata estiva rovente, come spesso accade dalle parti di Washington, e quel mormorio che ho in testa non fa che peggiorare. Noto a stento l’ambiente che mi circonda, il sole abbagliante, il cielo blu intenso, i cespugli di rosa che mia madre continua a commentare. Mi sento fuori posto, come se stessi seguendo il tutto da lontano. Che diavolo sta succedendo? Lo definirei un déjà vu, ma non è così. La conversazione che sta avvenendo in questo istante, con questo gruppo di persone, è del tutto nuova. È il luogo che ha un che di familiare. Anzi, più che familiare. Come se fosse importante.

Stanno parlando del lago. Non so cosa mi sia persa, ma Abby è preoccupata che sia troppo vicino. «Basterebbe una barca di ubriachi per creare il caos,» dice. «E non vogliamo ficcanaso in giro.»

«La maggior parte delle barche non arriva da questo lato del lago,» rispondo sovrappensiero. «La vegetazione sommersa è troppo fitta.»

Abby solleva le sopracciglia. «Non sapevo fossi già stata qui. E quando mai hai navigato sul lago?»

I miei battiti accelerano e respiro a fondo, agitata. Sanno che non sono mai stata in questo posto. Sanno che non vado in barca.

«No,» rispondo. «Ma ho letto qualcosa prima di venire.» Le parole devono suonare false anche per loro, almeno so che è così per mia madre. Se dovessi guardarla vedrei quell’espressione turbata sul suo viso, quella che ho visto migliaia di volte in precedenza. Ho imparato presto che la mia strana abilità di sapere cose che non dovrei conoscere la disturba.

Il telefono di Jeff squilla e lui si volta mentre mia madre cammina davanti a noi, accigliandosi al terreno irregolare. «Spero che irrighino presto,» si lamenta. «Se rimane così asciutto il tappeto si coprirà di polvere prima dell’inizio della cerimonia.»

Ha ragione, purtroppo. Vedo il terreno sgretolarsi sotto i miei piedi, l’erba gialla e rada sotto il sole impietoso fino al padiglione. Se ci fosse anche solo la minima brezza soffocherei per la polvere.

Svoltiamo oltre l’angolo dell’edificio e notiamo il lago che scintilla nel calore di luglio.

È un lago come tanti altri, ma ha qualcosa che mi parla all’anima. Lo fisso cercando di capire cosa sia, e nel far ciò il mio sguardo viene attirato verso l’altra riva, oltre le profondità di zaffiro, verso un cottage in lontananza.

Dapprima è un tocco. Un tocco lieve tra le scapole, come un genitore che avvisa il suo bambino di prestare attenzione. Ma poi qualcosa mi si agita dentro, ancore invisibili calano nel terreno e mi tengono ferma. Il mio stomaco precipita con esse.

Conosco quella casa.

Vorrei distogliere lo sguardo. Il mio cuore batte più forte e il fatto che chi mi sta attorno se ne accorgerà lo fa sussultare ancor di più, ma un’immagine mi si sta formando in testa: un ampio porticato, un pendio erboso che scivola fino alla riva.

«Com’è possibile che l’erba sia così secca con tutta quest’acqua attorno?» chiede Abby, ma la sua voce si affievolisce oltre l’improvviso ronzio nelle mie orecchie.

E poi le sue parole spariscono del tutto. Non c’è suolo, luce, nulla a cui aggrapparmi. Sto precipitando, e la caduta è infinita.

Quando apro gli occhi sono stesa sulla schiena. Sento il terreno graffiarmi la pelle e il sole mi splende addosso con tanto vigore da cancellare ogni pensiero. Sono in un prato con una casa in lontananza, e una donna è curva su di me. L’ho incontrata in precedenza? Mi sembra di sì, ma non riesco a ricordare.

«Quinn!» grida. «Oh, grazie a Dio. Stai bene?»

C’è troppa luce. Il ronzio diventa un rintocco di gong. Voglio che smetta, così strizzo gli occhi. L’odore di erba secca mi aggredisce.

«Perché sono qui?» sussurro. Le parole sono biascicate, la mia voce irriconoscibile. Dio, che mal di testa.

«Sei caduta,» dice lei. «Siamo alla villa. Per il tuo matrimonio, ricordi?»

La donna mi parla come se fossi una bambina che fa i capricci, ma niente di ciò che dice ha senso. Sono già sposata. E da quando fa così caldo a Londra? Non è mai così da queste parti.

Un uomo corre verso di noi. Ha una corporatura simile a quella di Nick, è alto e muscoloso, ma anche da lontano so che non è lui. Socchiudo gli occhi, e per un momento mi sembra di essere di nuovo con lui, di guardare quel sorriso che parte lento e poi si solleva a un angolo, mentre sento il vago odore di cloro della sua nuotata mattutina. Dov’è? Era accanto a me un secondo fa.

L’uomo si inginocchia al mio fianco mentre le donne gli fanno spazio. «Dev’essere scivolata,» dice una di loro, «e ora è confusa. Penso che dovremmo portarla in ospedale.»

Non andrò da nessuna parte con queste persone, ma la paura mi esplode nel petto. La mia testa pulsa sempre di più. E se mi costringessero ad andare con loro? Non so neanche se riuscirei a oppormi, con questo malessere.

«Dov’è Nick?» Le mie parole sono esili e insufficienti, più bisognose che ostinate.

«Il manager dell’hotel si chiama Mark,» dice un’altra voce. «Forse intende Mark?»

«Riesci a sederti?» chiede il tizio. «Su, Quinn.»

Stringo le palpebre per vederlo meglio nella luce abbacinante. Come fa a sapere come mi chiamo? Ha un che di familiare, ma ha anche una di quelle facce abbastanza anonime. «Sei un dottore?»

Spalanca la bocca. «Amore, sono io. Sono Jeff.»

Ma cosa diavolo sta succedendo? Perché questo tipo si comporta come se fossimo vecchi amici? Mi concentro su di lui cercando di capire cosa intenda.

«Il tuo fidanzato,» aggiunge.

Per un istante lo fisso inorridita. E poi arranco all’indietro in un inutile tentativo di fuga. «No,» annaspo, ma proprio mentre nego, mentre prego sia un incubo, una parte del mio cervello inizia a riconoscerlo e ricorda una vita differente, in cui Nick non esiste.

Nick non esiste.

Premo il viso contro l’erba e scoppio a piangere.

 

***

 

Parallel sarà disponibile su tutti gli store, in formato digitale e cartaceo dal 10 febbraio

 

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