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[#Anteprima] [#Gratis] Convict me – Le catene dell’amore – C. Hallman & J.L. Beck

Anteprima gratuita della nostra prossima uscita: “Convict me – Le catene dell’amore!

 

Per voi il primo capitolo del romanzo “Convict me – Le catene dell’amore” di C. Hallman e J.L. Beck!

Buona lettura!

Capitolo Uno

Hero

 

Tamburello con la matita sul taccuino così forte che quasi si spezza in due. Dov’è questa stupida tutor? Guardo l’orologio per controllare l’orario. Sono le sei e un quarto. Avrebbe dovuto arrivare quindici minuti fa. Ogni secondo che resto seduto qui, divento più infastidito, più impaziente.

Non ho tempo per questa roba.

La piccola stanza con le pareti spoglie mi ricorda troppo le celle della prigione in cui ho trascorso gli ultimi sette anni. I secondi passano lentamente. Ho la sensazione che le mura mi soffochino… sembrano avvicinarsi sempre di più, come se stessero per ingoiarmi.

Non sono soltanto uno degli studenti più vecchi qui, ma anche uno dei più stupidi. Grazie alla mancanza di istruzione che mi ha fornito il sistema giudiziario, sono riuscito a malapena a superare i corsi.

Se non fosse per il desiderio di mia madre di vedermi andare al college, mi alzerei e porterei il mio culo felice fuori dal campus senza guardarmi indietro.

Non sono qui per fare amicizia o il ruffiano. Questi stronzi non sarebbero in grado di sopportare nemmeno la metà di ciò che ho visto e fatto.

Morte. Omicidio. Dolore. Lutto. Questa gente non ha la minima idea della merda che la vita ti getta addosso.

La maniglia della porta trema e la guardo con disprezzo. Dovrei alzarmi e andare via. Sono certo che questa ragazza non verrà.

«Ciao! Mi dispiace, mi sono persa e poi…»

Le parole che avrei voluto pronunciare si disperdono nell’aria. Il fastidio e la rabbia svaniscono, rimpiazzati da qualcos’altro, qualcosa che non avevo mai provato prima.

È un’emozione che non riesco a definire in maniera precisa. Invece di concentrarmi su ciò che sento, osservo la donna esile davanti a me.

Ha lineamenti delicati, dolci, come quelli di una bambola. Ciglia scure incorniciano i suoi enormi occhi azzurri e quegli occhi… cazzo, sono inchiodati su di me, come una luce che mi attira. I capelli castano scuro sono raccolti in una treccia che le cade su una spalla. Sembrano morbidi. Vorrei farci scorrere le dita.

Che cazzo? Scaccio via quel pensiero. Abbasso lo sguardo sulle labbra carnose, schiuse perché si è interrotta prima di finire la frase.

Non indossa nemmeno un velo di trucco. I suoi vestiti non attirano l’attenzione e non mettono in risalto il corpo, ma… è perfetta.

«Mi-mi dispiace…» Le guance dalla carnagione chiara diventano rosse per l’imbarazzo.

«Sei in ritardo,» sottolineo scontroso, come se non lo sapesse già.

Sospira. È evidente che sta cercando di calmarsi.

Ho abbastanza esperienza da riconoscere quando qualcuno sta per avere un attacco di panico. Lo sguardo nei suoi occhi da cerbiatto mi dice che ci è vicina.

«Per favore, non dirlo a nessuno. Ho bisogno di questo lavoro. Ne ho davvero bisogno.» Le si riempiono gli occhi di lacrime e la disperazione nella sua voce mi fa capire che non sta mentendo.

Cazzo! Non è quello che mi serve in questo momento. Non sto vivendo una bella fase della mia vita e, non appena aprirò bocca, so che le chiederò quale sia la sua storia e come posso aiutarla… e non è quello di cui ho bisogno.

Zittisco il mio cervello e decido di distrarre entrambi. «Calmati. Puoi farti perdonare, piccola. Prometto che non lo dirò a nessuno. Devi soltanto venire qui e darmi un bacio.»

Sgrana gli occhi in modo esagerato quando sente la mia richiesta. «Ba-baciarti?» balbetta, fissandomi come se le avessi appena chiesto di inginocchiarsi e farmi un pompino.

Merda. Riesco soltanto a immaginarla mentre me lo succhia ed è difficile pensare a qualcosa che non siano quelle labbra carnose e angeliche attorno al mio uccello. Mi sposto sulla sedia, cercando di ignorare il mio cazzo duro da far male che sta spingendo contro la cerniera dei jeans, supplicandomi di lasciarlo uscire a giocare.

«Allora, che cosa scegli? Mi bacerai oppure perderai il lavoro?» So che mi sto comportando da stronzo irragionevole, ma è difficile essere qualcos’altro quando da tanto non sono che questo.

Si avvicina come un cervo appena nato che muove i primi passi. Le sue gambe sembrano tremanti e instabili. Per un momento penso che stia per cadere e mi preparo ad afferrarla.

Senza smettere di guardarmi negli occhi, arriva davanti alla mia sedia riuscendo a non inciampare. Stringe la cinghia dello zaino così forte che le nocche diventano bianche e le trema la mano.

Nei suoi occhi c’è un luccichio impaurito, ma vedo anche curiosità ed eccitazione. Le offro la mano e lei la guarda con meraviglia. Allenta la presa attorno alla cinghia prima di lasciar scivolare lo zaino sulla spalla e per terra.

Allunga la mano piccola e tremante verso la mia. Quando la sua pelle morbida sfiora la mia mano, che è molto più grande e ruvida, i tremolii diminuiscono. La attiro con dolcezza sul mio grembo e la sua gamba si strofina accidentalmente contro il mio uccello duro, facendomi quasi venire nelle mutande.

Le guance rosa diventano rosso acceso nel sentire l’effetto che ha su di me. L’erezione preme con decisione sulla sua coscia, ma non mi importa. Non voglio nascondere come mi fa sentire.

Appoggia la mano libera sulla mia spalla come se quello fosse il suo posto, e mi rendo conto che è così.

Appartiene a me. È mia.

Quelle parole mi sono sconosciute. Non ho mai pensato a una donna in quel modo e non sono certo di come sentirmi al riguardo.

Non appena inspiro il suo profumo dolce di vaniglia e cannella, sento un formicolio alle narici. So che quest’odore rimarrà scolpito nella mia mente, ricordandomi per sempre la creatura minuta davanti a me.

«Io…» comincia a dire.

Sollevo un dito e lo appoggio sulle sue labbra per zittirla. «Shh. Baciami e basta,» le ordino.

Credo che non abbia nemmeno sbattuto le palpebre da quando le ho chiesto di baciarmi. Una parte di me si chiede se andrà fino in fondo. Chiude gli occhi e prendo nota dei minimi dettagli del suo volto perfetto. Le ciglia lunghe e scure si aprono a ventaglio sulla pelle perfetta e arriccia le labbra in modo adorabile mentre si avvicina a me.

È così graziosa, cazzo. Mi sento ancora più stronzo perché la sto costringendo a farlo. Tuttavia, i miei bisogni egoistici sono più forti del mio codice morale… che è comunque in parte guasto. Vorrei tenere gli occhi aperti perché non voglio smettere di guardarla nemmeno un secondo, ma non ci riesco più quando mi sfiora le labbra con le sue.

Le toccano appena, con esitazione. Bacia con una dolcezza che mi fa capire una cosa: è innocente. Chiudo gli occhi e il cervello smette di funzionare. Il mondo avrebbe potuto smettere di girare e io non me ne sarei accorto.

Sento il cuore battere nelle orecchie e afferro il tessuto morbido della camicia che indossa. È piccola, così minuscola, cazzo, e abbatte tutte le mie barriere. Il bisogno di divorarla, proteggerla e metterla al sicuro mi consuma, ma lo controllo. Non sono l’uomo adatto a lei. Sono un bastardo spezzato, temprato dalla prigione e dalla vita. Sono anche egoista, e in questo momento non posso concedermi di provare sentimenti.

Geme dolcemente nella mia bocca e una scarica di eccitazione si fionda sul mio uccello. Le sue labbra sono morbide, così morbide, cazzo, così vi premo le mie con avidità, ingoiando i gemiti e i sussulti. Lascio andare la camicia e le faccio scorrere una mano sul corpo fino a stringerle il viso. Impiega soltanto un secondo a rendersi conto di quanto la situazione potrebbe divampare. Si allontana con un’espressione agitata che le distorce i lineamenti.

Bip. Bip. Bip. Quel suono riempie la stanza minuscola. Senza pensarci, lei scende dal mio grembo e indietreggia, stringendosi lo zaino al petto e guardandomi come se le avessi rubato l’innocenza.

È fastidioso, cazzo. È stata lei a saltarmi addosso e baciarmi. «Non guardarmi come se ti avessi ammazzato il cane. Ti ho baciato e, a giudicare dal modo in cui mi hai palpato, dubito che non lo volessi,» ringhio frustrato mentre un incrocio tra rabbia e bisogno comincia a sfuggire al mio controllo.

Sussulta e spalanca gli occhi mentre tira fuori il cellulare dallo zaino e silenzia quel suono fastidioso. Con mani tremanti, prende i libri e li appoggia sul tavolo accanto al mio blocco per gli appunti. Li apre e si ferma su una pagina.

So che sta parlando, probabilmente a proposito di quello che dovrebbe spiegarmi, ma non riesco a smettere di guardarla. La sua voce angelica raggiunge le orecchie ma non sono in grado di comprendere le parole.

Non so quanto tempo passi. Potrebbe trattarsi di un minuto o di un’ora. All’improvviso, quando la porta si apre e appare un ragazzo ossuto con i capelli scuri, mi risveglio dallo stato di trance.

«Ehi, sei Elyse? Il mio tutor?» chiede, spingendosi gli occhiali sul naso.

Classico nerd. Perché cazzo ha bisogno di un tutor? Poi mi rendo conto che il figlio di puttana l’ha chiamata per nome. Elyse? Lo provo sulla mia lingua.

Non ho nemmeno pensato di chiederle come si chiamava, nonostante l’abbia baciata come se non ci fosse un domani.

«Sì, sono io.» Il suo sorriso non raggiunge gli occhi. È falso e sono certo che abbia usato quell’espressione molte volte. «Stavamo per finire.» Si volta di nuovo brevemente verso di me, indicando il libro. «Hai capito tutto?»

Per poco non rido. Non può davvero pensare che io abbia sentito una sola parola di ciò che ha detto. Non ho capito un cazzo di quello che c’è scritto in quel libro.

Scuoto la testa, la guardo deglutire e non posso fare a meno di immaginarla mentre ingoia qualcos’altro. Cazzo. Devo andare via e farla uscire dalla mia testa prima che questa sirena bizzarra mi porti alla morte.

Mi allontano dal tavolo e prendo il taccuino ancora vuoto prima di uscire dalla stanza e sbattere la porta dietro di me. Riesco a fare tre passi lungo il corridoio quando il pensiero che sia rimasta sola in quella stanza con un altro ragazzo mi costringe a fermarmi.

È sconcertante l’effetto che quella ragazza esile ha su di me.

Digrigno i denti e faccio ciò che farebbe qualsiasi uomo sano di mente: torno indietro e mi fermo proprio davanti alla porta. Sospiro, appoggiandovi la spalla. Sono abbastanza vicino da sentirli parlare all’interno e quello mi conforta.

Il tempo sembra fermarsi. So che quello che sto facendo è sbagliato. Non conosco questa ragazza. Non so un accidenti di lei, ma voglio conoscerla… e mi basta.

Non capisco quest’ossessione che ho per lei, o perché accenda in me questo bisogno. È diversa… forse dipende da questo? Forse è perché so che è proprio il mio opposto. Buona, pura, con uno scopo nella vita. Devo trovare il modo di rivederla fuori da questa stupida classe, e ho un piano perfetto.

 

 

 

C. Hallman e J.L. Beck vi aspettano il 13 maggio!

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