In anteprima un estratto gratuito del primo capitolo dell’edizione italiana di “Contour” di Meg Harding. Buona lettura!
CAPITOLO 1
Jamie
Mai, mai, mai farsi vedere da un uomo senza trucco. Era il codice secondo cui vivevo e avrei preferito morire piuttosto che infrangerlo. Tramandatomi da mia madre, era un pensiero che avevo tramutato in realtà. Era bellissima, mia madre, intendo. Capelli lunghi, folti e nerissimi come le sue sopracciglia, sembrava una principessa e si aspettava di essere trattata come tale. Crescendo, l’avevo vista ballare e avevo desiderato essere lei. Era sempre posata ed elegante e gli uomini… la desideravano. Imploravano per averla.
Possedeva un potere inebriante.
La prima volta che mi intrufolai nel suo bagno per rovistare nei cassetti dei trucchi avevo cinque anni. Senza avere la più pallida idea di cosa facessi, usando solo i ricordi di quanto le avevo visto fare, cercai di replicare il procedimento. Mi tremavano le mani e più di una volta mi infilai la matita dell’eyeliner nell’occhio. Il rossetto mi venne sbavato, le linee erano irregolari e troppo spesse. Alla fine sembravo un clown ma, al tempo, pensai di essere il bambino più bello del mondo.
Lei mi trovò così: seduto alla sua toeletta con il trucco sparso attorno a me come un mare molto costoso. Non si arrabbiò, però. Fece una foto, mi ripulì il viso con un panno e poi mi rifece lei il trucco. Le ali agli angoli delle mie palpebre erano perfette e tanto affilate da trafiggere un uomo, mi informò. Mi illustrò ogni passaggio, spiegandomi tutto quello che faceva.
Divenne un rituale mattutino.
Il primo giorno che mi presentai a scuola truccato mi rimandarono a casa. I miei compagni di classe mi presero in giro, l’insegnante rimase scioccata e le compagne mi guardavano in modo strano. Tornando a casa in macchina, piansi e le mie lacrime fecero colare l’eyeliner, tracciando lunghe righe nere sulle mie guance. Quel giorno capii che nessuno si meritava le mie lacrime. Rovinavano tutto quel duro lavoro.
La scuola mi vietò di frequentare le lezioni con il viso truccato, per cui il rituale cambiò. Quando tornavo a casa da scuola, io e mamma ci truccavamo insieme prima che lei andasse a lavorare di notte. Ma la mia fama di “ragazzo con il trucco” non svanì.
I bambini sanno essere davvero crudeli.
Iniziai a mettermi il fondotinta per nascondere i lividi a mia madre. Non volevo scoprisse che ero un debole. Lei pretendeva e otteneva il rispetto delle persone attorno a lei, io invece non ci riuscivo. Non capivo cosa sbagliassi.
Mi disse una cosa importantissima quando scoprì delle botte e dei bulli: «C’è solo un’opinione che conta: la tua.»
Alle medie iniziai a truccarmi prima di andare a scuola. Mi avrebbero preso in giro ugualmente, tanto valeva essere me stesso. Avrei affrontato a testa alta il loro scherno e le loro battute al vetriolo. Per quanto mi picchiassero, non videro mai le mie lacrime. Non videro mai sotto la maschera.
I video iniziarono al liceo, quando YouTube cominciò a diventare popolare. Ero ormai diventato un maestro dell’eyeliner liquido e del rossetto opaco. Riuscivo a fare contorno e blend, e le mie ali erano sempre perfette. Mi riprendevo mentre indossavo il mio volto e insegnavo come farsi belli ad altri che magari non avevano avuto madri forti come la mia. Fu a quel punto che arrivarono gli sponsor. I marchi volevano che usassi i loro prodotti durante i miei tutorial.
A ventitré anni ero famoso su Internet e avevo soldi a palate. «E questo, angeli miei, è il motivo per cui dovreste essere voi stessi. Chi mi odia non vive in una villa.» Feci roteare l’indice inanellato e Lorelai, la mia amica e camerawoman, fece un campo lungo per mostrare il mio enorme salotto. Vivevo in un appartamento, d’accordo, ma questo non cambiava le cose. Quanto tornò su di me, lanciai un bacio alla telecamera. «Tornate la settimana prossima, proverò un fondotinta da cinquecento dollari. Bello o blah? Vedremo. Buona settimana, angeli. Vi voglio bene.»
«E abbiamo finito,» disse Lorelai. «Questa era buona. Ti senti nostalgico?»
Mi alzai, stiracchiando le braccia sopra la testa. Il video andava ancora montato prima di poterlo postare sul mio canale. «Sui social media leggo commenti di ragazzi che si truccano e vengono presi in giro. Non sono certo un eroe, ma posso dir loro che alla fine del tunnel c’è una luce arcobaleno.»
Lorelai si sporse in avanti per baciarmi la guancia mentre andava in cucina. «Tu sei il mio eroe, Jamie.»
Risi. Non ero certo un eroe, no davvero. Ero un tipo sboccato che amava il make-up e a cui piaceva riprendersi mentre se lo metteva. Ma era forte, in un certo senso, che mi ammirassero. In un senso spaventoso e surreale. Essere Jamie “Roxy” Albright, idolo di YouTube e modello di Instagram, comportava uno stress notevole.
Lorelai sparì in cucina e io mi buttai di peso sul divano. Girare sfianca, ok? Di solito ero più riservato su YouTube, più Roxy che Jamie.
Dovevo distrarmi dalla realtà.
Niente era meglio della sfilata di petti nudi che Instagram forniva a chi come me seguiva centina di modelli e ragazzi famosi sull’app, #addominalianonfinire. Iniziai a passare in rassegna il mio feed, mettendo giudiziosamente like a ogni foto. Era risaputo che fossi sempre arrapatissimo, non c’era bisogno di nasconderlo.
Mi fermai per guardare meglio una foto di Tyler Jackson e del suo ultimo cucciolo di labrador. Tutta quella graziosità era troppo per quel post minuscolo. Giuro, sentivo il cuore sciogliersi e il ventre fare salti di gioia. Ero disperatamente, virtualmente, infatuato di Tyler. Era la perfezione virile sotto ogni aspetto.
Grandi occhi azzurri e capelli castano scuro sempre spettinati, come se fosse appena saltato giù dal letto. Bocca grande, sorriso imbranato e sexy allo stesso tempo. Aveva le fossette e, quando comparivano in una foto, il mio cuore saltava sempre un battito. Era tatuatissimo, la parte superiore del suo corpo era ricoperta di inchiostro. Le sue braccia erano in toni di grigio, il petto e la schiena a colori, ogni centimetro coperto da un disegno diverso. Aveva le mani grandi, di quelle con le vene in rilievo che si potevano seguire fino alle braccia muscolose.
Come se il suo corpo non facesse già venire l’acquolina in bocca, la sua personalità era da urlo.
E io sapevo che le celebrità di Internet non erano reali – erano la versione fasulla di chi avremmo voluto essere – ma io mi ero innamorato dei suoi contenuti. Aveva due labrador, e si faceva sempre foto e video con loro. Uno era un labrador nero e cresciuto e l’altro era una piccola palla di pelo oro, troppo carina per poterla descrivere. Ho un debole per gli uomini che hanno cani, ok? È impossibile resistergli, se si ha un minimo di cuore.
Specie quando di mezzo c’è un uomo con magnifici addominali scolpiti che sta a quattro zampe e a petto nudo mentre gioca con il suddetto cane.
Non fatemi parlare del sedere di Tyler. L’aveva scolpito Dio, ne ero sicuro.
Ma torniamo alla sua personalità. Tyler era dolce come il miele con i suoi fan. Rispondeva ai loro commenti – che erano centinaia – e spesso metteva addirittura like alle loro foto. Erano piccoli gesti, ma sapevo quanto significassero per i fan che li ricevevano. Era attivo anche su Twitter, dove parlava sempre con tutti, e su Snapchat. Il suo Snapchat era probabilmente la cosa migliore. Le sue storie erano piene di video e foto dei suoi incontri casuali con i fan o di quando si rilassava a petto nudo nel suo appartamento a Nashville.
Non sono uno stalker, giuro.
«Perché hai gli occhi da mucca? O meglio, chi guardi con quegli occhi da mucca?» chiese Lorelai uscendo dalla cucina e cercando di non far cadere il pacco di patatine, i due bicchieri e la caraffa di Mimosa che aveva tra le braccia. La domenica mattina era sacra, per noi.
«Occhi da mucca?» Aprii e chiusi le mani per implorare un mimosa. Se dovevo mettere a nudo la mia anima e storia personale, allora meritavo una ricompensa alcolica.
Lorelai si girò e abbassò per permettermi di afferrare i bicchieri stretti tra il braccio e il fianco. «Sai, quando non metti le lenti a contatto, i tuoi occhi sono enormi e innocenti e marroni come la cioccolata. Sono occhi da mucca.»
Alzai al cielo i suddetti occhi. «Se lo dici tu.» Al momento indossavo lenti blu elettrico, per fare pendant con i capelli dello stesso colore, ma capii cosa intendeva. Scossi il bicchiere vuoto mentre lei si sedeva comodamente sui miei piedi. «Riempi, zuccherino.»
Sbuffò e iniziò a dimenare il sedere finché non cambiai posizione, piegando le gambe e facendole spazio. «Prima dimmi su chi stai sbavando. Guardavi il cellulare come un innamorato.»
«Sono innamorato,» dissi con aria drammatica, posandomi una mano sul cuore, «di me stesso.»
Mi diede uno schiaffetto sulla gamba. «Niente patatine e niente salsa per te.»
«C’è la salsa?» Mi guardai attorno.
«È una salsa metaforica.»
Ma di cosa diavolo stava parlando? Richiamai la sua attenzione con le dita dei piedi. «Guardavo l’ultimo post di Tyler Jackson su Insta. Ora posso avere il mio Mimosa?»
«Aaaah.» Mi guardò con aria d’intesa. «Il tuo bello. Avrei dovuto capirlo.»
«Tra un secondo ti tiro il bicchiere,» minacciai.
Gentilmente, lei condivise infine la brocca e mi riempì il bicchiere. «Perché non gli scrivi?»
Mi strozzai con il primo sorso di Mimosa. «Uhm, cosa?»
«Scrivigli.» Mi rivolse la sua espressione da “eddai”. «Sai, quella cosa che si fa quando premi la nuvoletta della chat e digiti “ciao”.»
«So come si scrive un messaggio.» Bevvi un altro sorso e guardai altrove. Il calore che sentivo sulle guance era imbarazzo? Jamie Albright, sboccato e sicuro di sé, non arrossiva. Niente mi imbarazzava, mai. La mia vita era perlopiù un libro aperto.
«Allora perché non lo fai? Tu sei famoso, lui è famoso. Ve la giocate ad armi pari.»
Lorelai era impazzita. Sbuffai sprezzante. Tyler era apertamente bisessuale – la sua ultima relazione, durata circa sei mesi, era stata con la modella di Playboy Melanie Harper – ma aveva delle preferenze chiare. A Tyler gli uomini piacevano virili. Gli piacevano gli uomini con addominali scolpiti e bicipiti belli grossi. E io, ecco, non ero certamente così. Indossavo abiti femminili e la mia faccia era sempre truccata alla perfezione. Ero minuto e delicato e, nonostante mi assicurassi di avere il sedere a pesca, non avevo addominali. Il più delle volte, gli estranei pensavano fossi una donna. Se avessi contattato Tyler, quasi certamente l’unico risultato sarebbe stato finire con l’orgoglio ferito.
No, grazie.
Il mio orgoglio mi piaceva com’era e le occasioni di fare sesso di certo non mi mancavano.
«Cambio d’argomento,» dissi cantilenando. «Dobbiamo decidere uno shopping day. Il mio armadio implora di essere riempito di nuovi vestiti.»
Lorelai mi fissò e io ressi il suo sguardo. Vidi il momento in cui cedette. «Mercoledì prossimo potrebbe andare bene?»
Meg Harding vi aspetta il 15 febbraio!
Se volete preordinare l’ebook, di seguito i link dei principali store: